Alle origini del contare




Alla parola ``matematica'' si associa comunemente la parola ``numeri'' e alla parola ``numeri'' la maggior parte di voi avrà subito associato i numeri che servono per contare: 1, 2, 3, 4, 5, ..., quelli che ci diventano subito familiari fin dall'inizio della scuola e ancora prima.

Questo in un certo senso riflette un percorso storico. Il contare fu infatti con ogni probabilità uno dei primi processi ``matematici'' che l'uomo sviluppò.

Alle origini del contare pare ci sia stata la capacità di distinguere uno da molti che poi si evolve nel distinguere uno, due, molti. Traccia di questo passaggio rimane nel duale usato accanto al singolare e al plurale in molte lingue antiche.

Vari esperimenti hanno evidenziato che questa capacità è posseduta anche da alcuni animali che riescono a distinguere gruppi fino a un numero limitato di oggetti (quattro o cinque).

Vi proponiamo la lettura di un racconto, tratto da Ipotesi sulla natura degli oggetti matematici di Enrico Giusti in cui si offre un fantasioso spaccato di vita in un villaggio proprio nel momento in cui i primi uomini imparano a contare e si rappresenta il momento esatto in cui si compie quel processo di astrazione che porta alla associazione di un insieme ben noto di oggetti con un altro e creando così la possibilità di ``contare'', cioè di esprimere la consapevolezza del numero.

Uno dei primi e fondamentali insiemi a cui riferirsi fu con ogni probabilità quello delle dita di una mano con cui si contava due, tre, quattro, cinque, poi di due mani con cui arrivare fino a dieci, e in alcuni casi anche quello delle dita dei piedi per raggiungere il venti.

Più oltre si potevano usare mucchi di pietre o, cosa che permetteva di conservare l'informazione, tacche su ossa o segni su pietre. Uno dei più antichi reperti che ci sono rimasti è costituito da un osso con cinquantacinque tacche, trovato nel 1937 a Vestonice (Cecoslovacchia centrale), che risale a 30.000 anni fa. Le cinquantacinque tacche sono disposte a gruppi di cinque. Le prime venticinque sono seguite da un'intaccatura lunga il doppio delle altre. In questo reperto sono dunque presenti i due concetti fondamentali di un sistema di numerazione: la corrispondenza biunivoca tra la rappresentazione usata (insieme delle tacche) e l'insieme di oggetti a cui si riferisce e inoltre il concetto di base per un sistema di numerazione. Dietro la corrispondenza biunivoca sta il processo di astrazione che permette di cogliere in un particolare oggetto la caratteristica di essere unitario: una serie di tacche può dunque ugualmente rappresentare un certo numero di tigri o lo stesso numero di capanne. Un processo ulteriore consiste nel riconoscere il presentarsi di un certo numero e raggruppare una serie di oggetti contati secondo quel particolare numero che assume un ruolo privilegiato; questo sta al fondo della base di una numerazione e rappresenta una elaborazione e sistemazione del dato precedentemente acquisito che permette anche una valutazione e un confronto sulla quantità registrata più agevole ed immediata che il confronto tra due file indistinte di tacche.

Sembra che ancor prima della familiarità con il cinque, si contasse per due o per tre, ma i sistemi quinario, decimale e in alcuni casi vigesimale rimpiazzarono ben presto gli altri schemi.

Le civiltà che conosciamo e da cui discende la cultura europea, con rare eccezioni, fanno tutte uso del sistema decimale.

E veniamo al nostro modo di contare e scrivere i numeri. Che origine ha? Quando compare e a cosa si deve la sua fortuna e il fatto che prenda il sopravvento sui precedenti?



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