Riflessioni sull’ insegnamento della geometria oggi.

Giorgio Ottaviani

Ottobre 2001


La matematica in generale e la geometria in particolare debbono la propria esistenza al nostro bisogno di conoscere qualche cosa sulla maniera di essere degli oggetti reali. La parola geometria, che significa misura del terreno, ne è la conferma.

A. Einstein, discorso pronunziato all’Accademia di Berlino, 1921


La geometria in trasformazione

La geometria è fondamentale come studio e comprensione dello spazio che ci circonda ed è uno dei più complessi edifici concettuali sviluppati dall’uomo. Inoltre, data l’importanza che aveva nel pensiero greco, ha un posto di riguardo nella cultura occidentale, con tutte le riserve con cui oggi si deve parlare di cultura occidentale. Eppure, recentemente ci si è chiesti se vale ancora la pena studiare ed insegnare la geometria nelle scuole [CREM]: una commissione all’uopo istituita in Francia ha stilato un rapporto dettagliato (noto come rapporto Kahane[CREM]), contenente un’analisi pacata ed incisiva sull’insegnamento della geometria. La risposta che dà il documento francese è, come ci si poteva aspettare, largamente positiva nei confronti della geometria. Tuttavia il solo porsi domande di questo genere rivela un’ inquietudine di fondo, su cui merita soffermarsi. Il continuo ripensare sui fondamenti e sui metodi non è affatto nuovo ed è presente fin dalla nascita della geometria stessa, tanto che col termine “geometria” a volte si intendono cose tra loro molto diverse. Nella storia della matematica e della cultura, la geometria, e soprattutto il suo insegnamento, hanno subito numerosi cambiamenti. Spesso un metodo, etichettato come tradizionale, è stato accusato di dogmatismo ed abbandonato dalla generazione successiva. Riguardo gli Elementi di Euclide, questo processo si è svolto in modo traumatico in Europa almeno 2 volte: la prima volta in epoca napoleonica con l’introduzione nei collegi della geometria analitica, giudicata più consona alle nascenti applicazioni della matematica. Successivamente, durante gli scorsi anni ‘70, con l’introduzione della “matematica moderna” e la diffusione delle idee di alcuni esponenti del gruppo Bourbaki (in particolare J. Dieudonné). Dieudonné esclamava “Abbasso Euclide”, e su questa riforma sono stati già scritti fiumi di parole.

Vale la pena osservare che in quel momento si è forse confuso la matematica per l’ingegnere e lo scienziato, per i quali il linguaggio formale è fondamentale in vista delle conoscenze specialistiche, con la matematica per il cittadino, che si deve porre obiettivi diversi e per il quale il formalismo matematico può rimanere come fine a se stesso. Questo ha portato alla “insiemificazione” della matematica, secondo le fortunate parole di Bruno De Finetti. I fisici sono più abituati a questo modo di pensare: le teorie fisiche nascono e muoiono con grande velocità ed il termine “classica” viene coniato per la penultima teoria, senza che questo processo provochi usualmente ricadute a livello didattico. La matematica ha purtroppo nell’immaginario collettivo la connotazione di scienza statica ed immutabile; una maggiore attenzione al suo sviluppo storico contribuirebbe a mutare questa errata convinzione.

La geometria è fatta di eterni confronti-scontri, ad esempio tra geometria sintetica e geometria analitica, tra astrazione e concretezza oppure tra intuizione e formalismo. Quest’ultimo confronto viene spesso confuso come tra pro e contro il rigore, che invece è presente in entrambi i versanti: il rigore è proprio del ragionamento, ed il ragionamento può essere sia intuitivo che formale. Sappiamo bene che nessuno di questi confronti ha avuto nè avrà mai un vincitore. Questo continuo mutare degli atteggiamenti verso la geometria accresce il fascino verso il suo studio. Oltre alle trasformazioni in geometria, si dovrebbe studiare la geometria in trasformazione.

E’ interessante osservare come i criteri di congruenza tra i triangoli (i famigerati “criteri di uguaglianza”, ma era poi così male chiamarli in questo modo?) vengano riabilitati dal rapporto Kahane. Come paradigma dei limiti dei criteri di congruenza si cita spesso la proposizione 5 del libro I degli Elementi di Euclide, che afferma che un triangolo che ha due lati uguali ha anche due angoli uguali. La dimostrazione di Euclide sfrutta due volte il primo criterio di congruenza dei triangoli ed è sorprendentemente complicata. E’ noto che ragionamenti di simmetria portano a conclusioni più veloci. Ma in questo caso si può ragionare come segue: se abbiamo un triangolo ABC con i lati AB e BC congruenti, segue dal primo criterio di congruenza per i triangoli che ABC è congruente a CBA, da cui immediatamente gli angoli in A e in C sono uguali.

Euclide ed i manuali moderni non seguono questa strada perchè non è didattica, infatti sebbene sia più corta è concettualmente più difficile di quella euclidea, ma certamente questo esempio non è indicativo della superiorità del metodo delle trasformazioni su quello euclideo. A mio avviso tale teorema non merita un posto tra gli argomenti scelti che è possibile approfondire in una scuola superiore.

Per un’analisi di alcune delle fasi storiche che ha attraversato la geometria consiglio caldamente l’articolo di Mammana e Villani [MV], nel paragrafo seguente vorrei osservare soltanto uno degli effetti più macroscopici accaduti in Italia negli ultimi decenni.


La Geometria insegnata oggi all’Università e la formazione degli insegnanti

Abbiamo accennato a come negli anni ‘70 in Italia la cosiddetta “matematica moderna” si sia affiancata nelle scuole medie superiori allo studio tradizionale della geometria euclidea, talvolta soppiantandola. Questo fenomeno non ha avuto la stessa portata di quanto si è verificato in Francia, dove il formalismo e lo strutturalismo bourbakista hanno provocato una crisi a dir poco tramautica.

E’ stato invece sottovalutato quello che è avvenuto in Italia negli studi universitari di Matematica, dove il corso di Geometria I ed i corsi successivi di Geometria hanno cambiato radicalmente i contenuti negli anni ’70 attraverso un repentino cambio generazionale. Niente del genere è mai avvenuto ad esempio per i corsi di Analisi, dove a livello didattico si oscilla tra corsi con maggiore attenzione ai fondamenti e corsi più orientati al “calculus”. Nell’arco di pochi anni venne abbandonata completamente la geometria descrittiva e venne introdotta in grande misura l’algebra lineare. La geometria proiettiva viene ridimensionata, le coniche vengono studiate come applicazione del teorema spettrale. Per citare un esempio, un confronto tra i libri di testo di G. Campedelli e di S. Lang, anche soltanto dei loro indici, fa capire di quale portata sia stato il cambiamento: si può parlare di vera e propria rivoluzione. Ci interessa analizzare questo cambiamento ai fini del nostro tema perchè come effetto, la grande maggioranza degli insegnanti di Matematica delle Scuole Superiori in Italia cha ha oggi meno di 50 anni si è trovata ad insegnare la Geometria senza avere avuto durante gli studi universitari un apparato strumentale di supporto per il futuro insegnamento, che doveva essere appreso da autodidatti oppure con le reminiscenze dei propri studi di scuola superiore. Secondo la mia esperienza spesso si danno per scontati dei metodi e delle conoscenze che scontati non sono affatto.

Per insegnare costruzioni geometriche o alcuni risultati di base mediante il metodo sintetico occorre avere avuto esperienze avanzate del metodo, che invece sono mancate. I poliedri regolari, le proprietá focali delle coniche, la geometria della sfera e della sua proiezione stereografica, il teorema della secante e della tangente, o l’inversione circolare, non sono stati studiati a volte nè alle Scuole Superiori nè all’Università e quando vengono appresi, spesso dopo la laurea, appaiono come vere e proprie scoperte archeologiche. Con questi risultati si può considerare il modello di geometria iperbolica del semipiano di Poincarè, o il teorema di Poncelet sui triangoli inscritti in una conica, gioielli che non possono essere apprezzati senza i prerequisiti necessari. Non si tratta di argomenti specifici, di cui ovviamente si possono fare esempi in tutte le discipline; si tratta invece della mancanza di un modo di pensare, della mancanza dell’esprit de géométrie (secondo la felice espressione di Pascal), che è difficile da colmare da autodidatti.

L’algebra lineare viene ad essere considerata lo strumento con cui e su cui fare e fondare la geometria. Lentamente il mezzo è diventato più importante del fine, spesso per mancanza di tempo la geometria viene sacrificata a scapito dell’algebra lineare ed in alcuni casi si fa solo algebra lineare. Nelle Facoltà di Ingegneria questo viene giustificato dalle applicazioni, ma quando mancano le competenze per creare un modello che descriva l’ombra di un punto su un piano è difficile credere a questa giustificazione. La geometria tradizionale sarebbe in realtá necessaria per molte applicazioni: posso citare l’esempio del CAGD (Computer Aided Geometric Design), dove i teoremi di Menelao e di Ceva acquistano una luce nuova e devono essere rispolverati e tirati fuori dal cassetto[Far].

L’attuale riordino degli studi universitari con l’introduzione della laurea triennale può essere il momento per ripensare l’insegnamento della geometria, conducendo a benefici effetti sulla formazione dei futuri insegnanti.

Sempre a proposito dell’esigenza di un maggiore collegamento tra Scuola e Università, quante volte all’inizio dei corsi universitari si è sentita da parte del docente la sciagurata frase: “dimenticatevi di quello che sapete!”, riferita alle conoscenze liceali di calcolo differenziale. A dispetto della più elementare regola pedagogica, che è quella di fare tesoro di quanto già si conosce.

La matematica costruisce vari livelli di strutture, che possono essere ordinate. Ad esempio strutture via via più ricche sono: insieme, spazio topologico, spazio metrico, varietá differenziabile, varietá algebrica.

In geometria è giá interessante considerare i seguenti tre livelli, sempre piú ricchi: topologia, geometria affine, geometria euclidea.

Villani in [Vil], a proposito delle trasformazioni geometriche, prende nettamente posizione in favore di un percorso discendente di insegnamento (dalle strutture piú ricche a quelle piú povere) rispetto ad un percorso ascendente (dalle strutture piú povere a quelle piú ricche).

L’analisi di Villani è completamente condivisibile, ed anzi questo punto di vista andrebbe allargato anche all’insegnamento della geometria che non prevede necessariamente le trasformazioni.

Lo strutturalismo bourbakista antepone il concetto di corrispondenza biunivoca a quello di numero. Russell per illustrare questo fatto raccontava che il cameriere puó accertarsi che le forchette ed i coltelli sono in ugual numero accoppiando una forchetta con un coltello, senza necessariamente conoscere il numero di ciascuno. E’ un fatto raccolto dall’esperienza che quando viene chiesto agli alunni di una classe elementare di verificare che due insiemi di tre elementi ciascuno hanno lo stesso numero di elementi il bambino inevitabilmente conta: ci sono tre fiori, ci sono tre vasi, quindi il numero dei fiori è lo stesso del numero dei vasi. In questo modo ha anteposto il concetto di numero a quello di corrispondenza biunivoca vanificando le speranze del didatta.

Tornando al nostro tema, la geometria affine non dovrebbe precedere la geometria euclidea, perchè è piú facile per lo studente vedere quali proprietá non dipendono dalla struttura metrica e sono proprietá affini (percorso discendente) piuttosto che cominciare da un ambiente dove è vietato usare il concetto di lunghezza che invece è ben noto (percorso ascendente).



Geometria e mondo fisico

Già nella comprensione dello spazio, dalle prime esperienze motorie e sensoriali alle misurazioni che è possibile compiere con i mezzi tecnologici moderni, abbiamo una visione locale ed una globale. La geometria delle nostre immediate vicinanze ci appare (ed è!) euclidea, mentre nello studio astronomico delle galassie la geometria euclidea è insufficiente e sono necessarie geometrie più sofisticate. La frase di Einstein con cui inizia questo articolo è tanto piú indicativa perché è stata scritta dal fondatore della teoria della relativitá, che ha descritto lo spazio-tempo e la forza gravitazionale in termini geometrici .

Aristarco nel trattato “Sulle dimensioni e le distanze del Sole e della Luna”, della prima metà del III secolo a.C. applica la geometria dei triangoli per misurare le distanze del Sole e della Luna. Tali misure non sono direttamente accessibili con l’usuale definizione operativa di misura di una lunghezza, e quindi occorre un metodo indiretto. Oggi che è possibile misurare con precisione incredibile la distanza della Luna con un laser è ancora più affascinante lo spirito pionieristico di quelle prime esplorazioni indirette. Siccome durante le eclissi Sole e Luna appaiono circa con lo stesso diametro apparente, una tale misura fornisce anche informazioni sulle dimensioni del Sole e della Luna.

Tornando ad Aristarco lo studio dettagliato della sua tecnica, oltre a fornire una palestra di studio storico, offre anche un esempio concreto di teoria degli errori nelle misurazioni. Aristarco prende in considerazione il triangolo formato dalla Terra, dal Sole e dalla Luna, idealizzati come punti, durante il primo quarto di Luna, cioè nel momento in cui vediamo esattamente metà della superficie lunare illuminata. Questo triangolo è retto nel vertice corrispondente alla Luna. Misurando l’angolo nel vertice corrispondente alla Terra (che è l’unica misura diretta che siamo capaci di fare tra i 6 elementi del traingolo, tre vertici e tre lati!), siamo in grado di determinare i rapporti tra i lati. Nella realtà la rifrazione attraverso l’atmosfera delle immagini del Sole e della Luna, che riceviamo secondo diverse inclinazioni, pone problemi assai gravi a questo metodo, ma ci piace in prima approssimazione sorvolare questo ostacolo. Quanto sia ardito il tentativo di Aristarco si capisce dall’uso su scala astronomica delle stesse triangolazioni usate su scala terrestre. L. Russo osserva [Rus] come Aristarco trasporta il problema in un modello geometrico ideale che sa risolvere e quindi applica il risultato ottenuto alla realtá fisica, che è esattamente quanto si intende oggi con il termine di modellizzazione matematica.

Del resto a livello fisico, solo con Newton apparirà chiaro come la legge della gravitazione sia capace di descrivere la caduta di una mela negli stessi termini delle orbite dei pianeti. Questo fatto ha meritato l’aggettivo “universale” alla legge di Newton. In questo contesto si ha uno degli esempi più affascinanti dell’eterno confronto tra la matematica pura e la matematica applicata. Lo studio delle coniche, iniziato dai Greci e portato a livelli avanzati dalle opere di Apollonio, trova un’applicazione imprevista nello studio delle orbite dei pianeti, che vengono ad essere descritte dalle stesse ellissi che si possono disegnare su un terreno con una corda e due bastoncini (il metodo “del giardiniere”).


Aristarco ottiene che il rapporto tra le distanza dalla Terra del Sole e della Luna è 19, mentre il rapporto reale è di circa 400. L’origine di un errore così grossolano risiede nel fatto che un piccolo errore di misura dell’angolo (che è molto vicino ad un angolo retto) porta ad un grande errore sulla misura. Questo fatto merita di essere approfondito. In altre misure di angoli si ha una “stabilità” dell’errore che permette di usare efficacemente la geometria teorica nelle applicazioni pratiche. Precisamente il rapporto suddetto è pari a 1/cosa dove a è l’angolo misurato. Se a è pari a 70° un errore di e (in gradi) per a porta ad un errore di e /10 per 1/cosa, mentre se a è pari a 89° un errore di e per a porta ad un errore di 57e per 1/cosa. Il valore corretto di a è 89° 51¢, pericolosamente vicino a 90° , valore dove 1/cosa tende all’infinito, ed in questo caso un errore di un primo per a porta ad un errore assoluto di 46 (più del 10%) per 1/cosa. Naturalmente questi calcoli richiedono qualcosa in più rispetto alla trigonometria elementare, ma una attenta analisi del grafico di cosa e di 1/cosa è sufficiente ad esprimere l’andamento qualitativo dell’errore.

E’ noto che gli egiziani per costruire un angolo retto usavano una lunga fune divisa in 12 parti, che suddivise nelle parti 3, 4, 5 vengono a formare i lati di un triangolo rettangolo. Quello che si utilizza in questa costruzione è l’inverso del teorema di Pitagora: se un triangolo ha tre lati di misure a, b, c tali che a2+ b2= c2 allora l’angolo opposto al lato di misura c è retto. Ciò che conta nelle applicazioni è la stabilità di questo enunciato rispetto ad errori di misura, che è il fatto realmente usato dagli egiziani. Infatti se i lati misurano 3+e1, 4+e2, 5+e3, allora la misura in radianti dell’angolo in questione differisce da un angolo retto del valore in radianti (3e1+4e2-5e3)/12. In pratica se si commette un errore di circa 1cm nella misura di tre lati con lunghezze dell’ordine di una decina di metri, il valore dell’angolo trovato può differire da un angolo retto per al più un quinto di grado, che è un errore accettabile nell’agrimensura. Così si può osservare che la tecnica di misura dell’altezza di una torre con il teorema di Talete, come è usualmente descritta nei libri, va benissimo alle nostre latitudini, ma sarebbe pericolosa ad Assuan in Egitto verso mezzogiorno, troppo vicino al Tropico. Viceversa quest’ultima situazione venne scelta da Eratostene come particolarmente favorevole per la sua famosa misura del raggio terrestre nel III sec. a.C. Molti particolari interessanti su questa misurazione sono riportati in [Rus].

Non è difficile trovare altri esempi didattici dove la teoria si deve confrontare con gli inevitabili errori di misura. Sorvolare su questi aspetti è dannoso e puó diffondere la convinzione che la matematica funzioni solamente in casi ideali.


Le nuove tecnologie nell’insegnamento della geometria


Tutti quelli che hanno studiato un po' di geometria sanno bene che la contemplazione di belle figure è in se stessa una fonte di soddisfazione estetica. I software di geometria, che permettono ai più maldestri di realizzare delle belle figure, danno un grande contributo in questa ottica. [CREM, p.576]


Negli ultimi 10 anni un altro strumento si è affacciato alla ribalta dell’insegnamento della geometria: il calcolatore. Quando si pensa alla geometria insegnata con il calcolatore viene subito in mente quell’ottimo programma di disegno che è CABRI. Vorrei però cominciare con qualche osservazione di carattere più generale sull’utilizzo della tecnologia informatica.

Un pregio ed un difetto al tempo stesso dell’evoluzione informatica è la sua rapidità di evoluzione. In pochi anni calcolatori che sembrano potentissimi diventano obsoleti. Il mio primo computer era una calcolatrice programmabile dove si memorizzava l’input in linguaggio assemblativo su una scheda magnetica che quando veniva letta produceva un caratteristico ronzio poco promettente. Credo che la capacità fosse attorno a 1KB. Almeno 1 volta su 3 la lettura si concludeva con un errore che costringeva a ricominciare da capo. Oggi sono diventati standard computer con 64MB di RAM. Accanto a questa evoluzione dell’hardware si è parallelamente evoluto il software. Questa evoluzione ha dimostrato come sia importante la cultura elastica del matematico, che abituato alla generalizzazione ed alla soluzione di problemi riesce ad adattarsi a realtà che diventano sempre più complesse.

La rapida evoluzione dei calcolatori ha mostrato l’inutilità di apprendere una gran mole di nozioni, che diventano vecchie ed inutilizzabili nel giro di pochi anni. Questo destino viene condiviso, seppur con qualche attenzione in più, da parte del software didattico. Quando negli anni ‘90 ho cominciato a tenere i primi corsi universitari utilizzavo dei sistemi di calcolo simbolico. Tutto il materiale che avevo prodotto come software è oggi inutilizzabile. La sintassi dei comandi cambia con le nuove versioni, ma soprattutto cambiano i sistemi operativi su cui i programmi girano. Questo è il destino di tanti libri e materiale prodotto negli ultimi anni: i linguaggi prodotti hanno cambiato versione e le versioni precedenti non sono più utilizzabili. Queste difficoltà deprimono l’editoria, è infatti difficile trovare le motivazioni per scrivere manuali di matematica con supporti informatici quando si sa che nel giro di pochi anni saranno necessarie nuove versioni.

Gli Elementi di Euclide conservano il loro valore 2300 anni dopo la loro scrittura, le lezioni di Hilbert vengono ristampate oggi dopo più di un secolo. Niente di tutto ciò è prevedibile per i libri che usano in modo pesante un qualunque supporto informatico. Naturalmente questa difficoltà va tenuta presente come dato di fatto, ma non può essere un motivo per rifiutare l’utilizzo delle tecnologie informatiche nella scuola.

A questo fatto va aggiunto un altro fenomeno di carattere politico, cioè il monopolio di fatto che si è creato nella diffusione dei sistemi operativi. I computer ed i linguaggi operativi di 10 anni fa sarebbero oggi più che sufficienti per l’insegnamento in una scuola superiore o in una università. Abbiamo già detto che non è più possibile usare questi sistemi perchè il software prodotto non è più compatibile con i sistemi operativi attuali, e spesso si ha l’impressione che questi cambiamenti siano dettati solo da logiche commerciali che impongono il rinnovo e l’ampliamento degli attuali mezzi piuttosto che da esigenze del mercato. Il sistema operativo Linux si sta diffondendo proprio come risposta a questo monopolio.

Gli studenti che trovano nel laboratorio della scuola computer più vecchi di quelli che hanno a casa hanno superficialmente una cattiva impressione della qualità dell’insegnamento, che appare con un look poco aggiornato. In realtà ogni upgrading deve avere la sua motivazione a livello di efficacia didattica e di apprendimento

CABRI è uno strumento utilissimo per tracciare disegni sofisticati e per comprendere dinamicamente le trasformazioni geometriche ed i loro invarianti. Tutto ciò che si può eseguire con la riga ed il compasso si può ripetere con CABRI. Nei corsi universitari le costruzioni con riga e compasso vengono studiate in relazione alla teoria di Galois, che mostra i loro limiti. Questo argomento è bellissimo, ma accanto a questo occorrerebbe considerare in positivo anche la forza delle costruzioni con riga e compasso, che permettono sofisticate costruzioni geometriche. Quanti studenti sono in grado di disegnare correttamente la stella a 5 punte simbolo della scuola pitagorica? Da questa costruzione si visualizzano la sezione aurea e molte altre proprietá geometriche interessanti.

Qui va riconosciuto con Pertichino e Piochi [PP] che l’attivitá grafica è possibile se si hanno delle conoscenze, ma contemporaneamente aiuta il formarsi delle conoscenze stesse. In quest’ottica l’uso di un software come CABRI aiuta l’apprendimento ed ha quindi una motivazione didattica. Altri pacchetti estendono l’uso in ambienti non euclidei. Credo che l’utilizzo di questi software sia utile per l’insegnamento della geometria ma che non debba diventare indispensabile. Le costruzioni con riga e compasso sono infatti una attività manuale che è formativo accompagnare allo studio teorico. Non bisogna dimenticare l’origine delle costruzioni con riga e compasso ([Rus] e anche [Cer]), che costituivano un vero e proprio calcolatore analogico in grado di risolvere tutti i problemi di secondo grado.

Tra le attivitá manuali dobbiamo segnalare anche la geometria della carta piegata (origami), che permette di costruire tutti i punti che si trovano con l’estrazione di radici quadrate e cubiche, aprendo possibilitá nuove rispetto al quadro classico della riga e compasso con i quali ci si ferma alle radici quadrate.


In [Mil] a pag. 176 e sgg. viene analizzata la difficoltà di comprensione della lingua scritta proponendo un’indagine che sará ripetuta in molti altri contesti. Veniva chiesto a un campione di persone della campagna toscana negli anni ‘50 di leggere alcuni articoli di giornale e di sottolineare tutte le parole che non venivano comprese. Il risultato fu scoraggiante: gli articoli di giornale venivano continuamente sottolineati in alcune parole cruciali, la cui mancata comprensione impediva di comprendere il senso dell’articolo. Con le dovute cautele, lo studente di matematica si trova in una situazione simile quando legge un testo di matematica. Termini specialistici o tecnici sarebbero continuamente sottolineati, ed anche parole di uso più familiare assumono un significato diverso da quello noto. E’ il problema del linguaggio matematico, così ostico alla maggior parte degli studenti. Ecco che il sogno di Lorenzo Milani di una lingua scritta intelligibile a tutti potrebbe diventare realtà con l’ausilio di uno tra i più leggeri mezzi informatici: l’ipertesto. Immaginiamo che il testo di matematica sia un ipertesto consultabile con l’elaboratore. Se ogni volta che appare una parola sconosciuta o dubbia fosse possibile cliccare su di essa ed avere il suo significato, magari in termini di altre parole su cui cliccare ancora, ecco che ci appare la “mappa concettuale” dell’argomento. Esistono molti ipertesti di matematica, ma spesso ci si preoccupa piú della forma che della sostanza, cioè l’ipertesto contiene colori, figure, magari applet, senza troppi collegamenti che danno le necessarie concatenazioni logiche. Una eccezione è la versione interattiva degli Elementi di Euclide (disponibile in rete) creata da D. Joyce[J]. Questo ipertesto contiene tutte le proposizioni degli Elementi di Euclide con relative dimostrazioni. Ogni volta che viene usato un risultato precedente, si può cliccare richiamando la relativa formulazione. L’ipertesto è illustrato da applet grafiche che mostrano le costruzioni con figure dinamiche, ed è ben curato dal punto di vista grafico. Questo ipertesto non può essere utilizzato come manuale (tra l’altro è in inglese) ma contiene molti spunti interessanti che possono suggerire come creare degli ipertesti ad hoc utilizzabili nella scuola italiana.

La scrittura di ipertesti non dovrebbe essere ostacolata (o almeno in misura molto minore) dall’evoluzione delle tecnologie informatiche. Infatti un ipertesto risulta in un insieme di file in formato testo che sono leggibili da qualunque piattaforma informatica e dovrebbero rimanere leggibili anche negli anni futuri. Questo contribuisce ad imparare il significato dei terminio che si usano. Alcuni esempi e proposte sono e saranno disponibili sulla pagina web dell’autore.



Bibliografia


[CABRI] J.M Laborde, F. Bellemain CABRI Géomètre II, software

[Cer] M. Cerasoli, Riga, compasso e computer , Boll.Doc.Mat. 36(1998) 63-74

[C.R.E.M.] Commission de réflexion sur l’eisegnement des mathématiques, Rapport d’étape sur la géométrie et son einsegnement, Bull. APMEP 430 (2000), 571-599

[Cup] R. Cuppens, Enseigner le géométrie avec un ordinateur? Bull. APMEP 431(2000), 813-818

[Far] G. Farin, Curves and surfaces for computer aided geometric design: a practical guide, Academic Press, Boston 1990

[J] D. Joyce, Web version of Euclid’s Elements with comments, http://aleph0.clarku.edu/~djoyce/java/elements/elements.html

[L] C. Laborde, Cabri-géomètre ou un nouveau rapport a la géométrie, Atti “L’insegnamento della geometria, temi di attualità”, Latina, Suppl. NUMI 8-9 (1995)

[MV] C. Mammana, V. Villani Geometry and geometry-teaching through the ages, in Perspectives on the Theaching of Geometry for the 21st century, ICMI study, Kluwer 1998

[Mil] L. Milani, Esperienze pastorali, LEF, Firenze 1957

[PP] M. Pertichino, B. Piochi, I nodi della geometria. Il software come ausilio all’apprendimento, in AA.VV. Le difficoltà in Matematica: da problema di pochi a risorsa per tutti, Pitagora Ed., Bologna 2001, pp. 123-133

[Rus] L. Russo, La rivoluzione dimenticata, Feltrinelli, Milano 1996

[Spe] F. Speranza, Introduzione in “Atti del 3° incontro internuclei matematici delle Scuole Secondarie Superiori: “La geometria da un glorioso passato a un brillante futuro”, Parma 1992

[Vil] V.Villani , Il ruolo delle trasformazioni nell’insegnamento della geometria, Atti “L’insegnamento della geometria, temi di attualità”, Latina, Suppl. NUMI 8-9 (1995)



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