Lo zero: qualche osservazione

Anche dalle poche righe del Liber abaci che abbiamo proposto (vedi l'inizio del primo capitolo) risulta subito evidente il trattamento differenziato che lo zero ha rispetto agli altri nove simboli. Questo accade già nei precedenti testi arabi e accade nella maggioranza dei successivi libri di abaco dove anzi lo zero non si introduce subito dopo le nove cifre ma solo successivamente, quando occorre segnare un posto vuoto. Prima che si parli direttamente di dieci simboli e si parifichi lo zero alle altre cifre addirittura conferendogli un significato numerico il percorso è ancora lungo. Notiamo anche che mentre per 1,2,3,4,5,6,7,8,9 la novità introdotta è un simbolo nuovo, ma il numero che vi è associato è quello già noto denotato da unus, duo, tres eccetera in latino e uno, due, tre eccetera in italiano, l'entità zero è una novità a cui occorre anche trovare un nome nuovo (non esistendo ovviamente il corrispondente latino). Questo nome nuovo in latino è indicato da Fibonacci come zephirum, termine modellato su zephirus (il nome di un vento), assonante con il termine sifr con cui gli arabi indicavano il cerchietto che segna il posto vuoto. Qui dunque nasce una nuova parola per la nostra lingua: zero. In realtà da sifr nasce anche una seconda nuova parola, cifra, che indicherà per estensione uno qualsiasi, e non solo lo zero, dei nuovi simboli.

Se avete o avete avuto qualche difficoltà nell'uso dello zero, può rassicurarvi il fatto che la piena comprensione del suo utilizzo non fu certo una conquista immediata. La prima comparsa certa di uno zero in India pare si trovi in una iscrizione che risale alla fine del IX secolo d. C., oltre due secoli dopo le prime testimonianze dell'uso delle altre nove cifre. Presso i babilonesi (vedi Popoli della Mesopotamia), che usavano un sistema posizionale sessagesimale, la presenza di posti vuoti era talvolta segnalata da due cunei in diagonale. In alcune opere greche di astronomia in cui si usa il sistema sessagesimale ritroviamo questo uso e nell'Almagesto di Tolomeo (150 circa d. C.) si fa uso di un cerchietto (secondo alcuni ha qui origine il simbolo poi usato dagli indiani) per indicare dei vuoti, ma quasi più come segno di interpunzione per indicare una spaziatura fra simboli che simbolo matematico vero e proprio.

Perché poi lo zero sia riconosciuto come numero di per sé deve passare molto più tempo, anche se tracce in cui lo zero è una quantità con la quale si possa anche operare compaiono in alcune opere di matematici indiani come Brahmagupta (VII secolo d. C.), Mahavira (IX secolo d. C.), Bhaskara (XII secolo d. C.).


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