Matematici nell'Italia repubblicana (1796 -1799)

Quando l'Armata d'Italia del generale Bonaparte varcò le Alpi nella primavera del 1796, sbaragliando in memorabili battaglie gli eserciti austriaci e piemontesi, i principi della Rivoluzione francese (Liberté, égalité, fraternité), trovarono in Italia ambienti preparati ad accoglierli nelle università, nel mondo degli affari e delle professioni. All'Università di Pavia, che rappresentava in campo culturale il punto più avanzato del riformismo settecentesco, aderirono con entusiasmo al nuovo ordine Gregorio Fontana, Carlo Barletti, Lorenzo Mascheroni, e più riservatamente, Alessandro Volta; a Roma, Gioacchino Pessuti (che aveva studiato a San Pietroburgo con Eulero) ed i migliori docenti del Collegio Nazareno degli Scolopi (Gianvincenzo Petrini, Bartolomeo Gandolfi, Carlo Gismondi); a Modena e Reggio Giovanni Paradisi e Giambattista Venturi; a Venezia Vincenzo Dandolo e Antonio Collalto; a Ferrara Gianfrancesco Malfatti e Teodoro Bonati; a Bologna Giambattista Guglielmini e Giovanni Aldini; a Firenze Vincenzo Brunacci e Pietro Ferroni; a Milano Barnaba Oriani (l'astronomo che, avendo elaborato le previsioni matematiche per l'orbita del pianeta Urano, scoperto da Herschel nel 1781, era al massimo della sua fama). Ad Oriani si rivolse personalmente Bonaparte, appena conquistata Milano (nel maggio 1796), con calde parole di simpatia verso la scienza e con un appello agli scienziati a far sentire la loro voce nelle più importanti questioni.

Tra il 1796 e il 1798 Gaspard Monge, durante la sua permanenza in Italia come commissario della Repubblica francese prima al seguito dell'Armata d'Italia, poi per organizzare la Repubblica Romana, visitò alcune delle principali biblioteche italiane, inviando a Parigi centinaia di manoscritti, di incunaboli, di libri rari, molti dei quali di interesse scientifico. Dalla Biblioteca Ambrosiana di Milano prelevò manoscritti di Leonardo da Vinci e di Galileo, dalla Biblioteca dell'Istituto di Bologna i manoscritti di Ulisse Aldrovandi, dalla Biblioteca Vaticana cinquecento codici preziosi. Per l'Italia fu una perdita grave, ma momentanea (quasi tutte le opere rientrarono nel 1815), per la cultura fu una grande occasione. I codici di Leonardo trasferiti a Parigi attrassero l'attenzione di Giambattista Venturi che riscopriva Leonardo come scienziato.

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