E veniamo al nostro modo di contare e scrivere i numeri. Che origine ha? Quando compare e a cosa si deve la sua fortuna e il fatto che prenda il sopravvento sui precedenti?
Rispondiamo in parte subito. Il nostro sistema di numerazione si diffonde in Europa a partire dal XIII secolo. Fino ad allora si utilizzavano i numeri romani e ci si aiutava con degli strumenti, detti abachi, nell'esecuzione dei calcoli.
Il nuovo sistema giunge a noi, come vedremo, dagli arabi che a loro volta lo avevano appreso dagli indiani. Per questo viene indicato come sistema indo-arabico.
Andiamo a ricercarne le origini.
Nel mondo arabo uno dei primi riferimenti al sistema indiano si registra verso il 650 d.C. quando un vescovo siriano, Severus Sebock, accenna in un suo scritto ai nove segni degli Indiani con cui si riesce a scrivere ogni numero.
Nel 772 il califfo Al-Mansur riceve una delegazione di astronomi e studiosi indiani che gli portano in dono un'opera denotata dagli arabi come Sindhind opera astronomica in cui si mostra anche come usando solo nove segni sia possibile scrivere qualunque numero ed eseguire facilmente calcoli. Pochi anni più tardi l'opera viene tradotta in arabo, ma tale versione è andata perduta.
A questa opera attinse probabilmente lo scienziato al-Khuwarizmi, autore - oltre che di numerose opere di astronomia e trattati sull'astrolabio - anche di due opere di aritmetica e di algebra. La prima, scritta attorno all'850 d. C., ci è pervenuta solo in traduzione latina col titolo De numero indorum. Qui al-Khuwarizmi dà una esposizione chiara e completa del sistema di numerazione indiano tanto che nelle successive traduzioni latine che si diffusero in Europa il sistema di numerazione indiano e degli algoritmi per eseguire con essi le varie operazioni. Il termine algoritmo vi sarà probabilmente familiare, ma forse non tutti sanno che nella frase precedente si nasconde un gioco di parole: algoritmo infatti non è nient'altro che la deformazione del nome di al-Khuwarismi. Il nuovo calcolo che egli descrive venne talvolta infatti attribuito a lui stesso e il procedimento per eseguire le operazioni aritmetiche rimase legato al suo nome deformato in algorismo o algoritmo.
Il testo arabo originale più antico per ora rinvenuto in cui si illustra il sistema indiano è l'Aritmetica di al-Uqlidisi, il Kitab al Fusul Fi al-Hisab al-Hindi, di cui esiste un manoscritto conservato ad Istanbul datato 341, che corrisponde al 952 d.C. Dall'introduzione apprendiamo che l'uso indiano era quello di scrivere i numeri ed eseguire i conti su delle lavagnette su cui era disteso uno strato di sabbia, ma l'autore avverte che la stessa cosa si può fare usando fogli ed inchiostro. Il testo è diviso in quattro libri nel primo dei quali, in ventuno capitoli, si introducono il sistema indiano e le operazioni con interi e frazioni fino all'estrazione di radici. Il primo capitolo si apre con la descrizione di quello che cosa un principiante deve impare: prima di tutto i nove (e non dieci!) simboli, che si presentano come una delle varianti arabe dei simboli da cui prenderanno la forma definitiva le nostre cifre; successivamente i posti: unità decine e centinaia da ripertersi in gruppi di tre; poi si deve familiarizzare con i numeri formati da quattro cifre, costruendo il 2222 e altri esempi; può accadere che uno dei posti sia ``vuoto'': in questo posto si mette un cerchio che viene detto sifr e può trovarsi nel primo, nell'ultimo o in un posto intermedio.
L'autore ci avverte di aver composto il libro dopo aver studiato e raccolto i vari metodi di cui era venuto a conoscenza. La matematica indiana fu successivamente studiata a fondo dal più noto scienziato al-Biruni che trascorse un certo periodo nell'India del nord attorno al 1020 interessandosi a tutta la cultura indiana: tradusse dal sanscrito numerosi testi di letteratura e scrisse varie opere sugli usi, la cultura e la scienza del luogo.
Nel X-XI secolo i sistemi fondamentali di numerazione usati in testi di scienziati arabi erano tre: un sistema prevedeva la scrittura in parole per esteso del numero e derivava dalle pratiche di conteggio con le dita (indigitazione) usate soprattutto dalla comunità dei commercianti e contabili, ma che è utilizzato anche ad esempio dallo scienziato Abu al-Wafa; un secondo sistema era il sistema sessagesimale derivato da quello babilonese che prevedeva come simboli l'uso di lettere dell'alfabeto arabo ed era usato prevalentemente nelle opere di astronomia; infine il terzo era il sistema di numerazione indiano, la cui diffusione si andava estendendo sempre più soprattutto nella parte occidentale, divenendo il modo usuale di scrivere e calcolare per scienziati e non.
Mentre tracce solo sporadiche iniziano a fare la loro comparsa anche in Europa, è solo più tardi il sistema indo-arabico inizia ad essere davvero conosciuto ed usato. E ciò avvenne a partire dal XIII secolo. Il contributo fondamentale in questo senso è costituito dall'opera del pisano Leonardo Fibonacci intitolata Liber abaci. Fuori di Italia opere analoghe furono ad esempio quelle composte da Alessandro di Villedieu, il Carmen de algorismus, e da Giovanni di Halifax, noto come Sacrobosco, l'Algorismus vulgaris.
Genealogia delle cifre secondo Karl Menninger, Zahlwort und Ziffer, Vanderhoeck und Ruprecht, Gottinga, 1957-58. |