Il giardino di Archimede
 Un museo per la matematica

Metodi di quadratura dall'antichità al Seicento



opere della sezione
  1. Archimede, Quadratura parabolae in Archimedis Siracusani Monumenta omnia mathematica ex traditione Francisci Maurolici . Panormi, apud Cyllenium Hesperium, 1685.
  2. Bonaventura Cavalieri, Geometria indivisibilibus continuorum nova quadam ratione promota. Bononiae, ex typographia de Duciis, 1653 [prima edizione 1635].
  3. Evangelista Torricelli, Sulla misura della parabola e del solido iperbolico, in Opere di Evangelista Torricelli, volume I, parte I, G. Montanari, Faenza, 1919 [prima edizione 1644].


vedi anche


Il problema del calcolo di aree e volumi ed il problema della determinazione delle tangenti costituiscono le due questioni tipiche dibattute e risolte con la nascita del calcolo.

Fin dall'antichità tuttavia il primo problema è affrontato con il raggiungimento di alcuni notevoli risultati utilizzando il cosiddetto "metodo di esaustione". Tale metodo, tradizionalmente attribuito ad Eudosso e utilizzato da Euclide, viene portato alla massima raffinatezza da Archimede (287-212 a.C.) di cui rimangono risultati sulla parabola, sul cerchio, sulla sfera, cono e cilindro negli scritti Quadratura della parabola, Misura del cerchio, Sulla sfera e sul cilindro.

Il procedimento per esaustione consente di dimostrare con rigore i risultati, ma non fornisce indicazioni sulla strada da seguire per scoprirli. Nel Rinascimento si diffuse pertanto la convinzione che Archimede possedesse un metodo segreto da usare preliminarmente, convinzione in parte confermata dal ritrovamento avvenuto solo nel 1906 di un palinsesto contenente il cosiddetto Metodo sotto forma di lettera ad Eratostene.

Dalla metà del Cinquecento il problema di "divinare" il presunto metodo e di trovare una scorciatoia alle complicazioni che l'esaustione presenta al crescere della generalità dei risultati accompagna la riscoperta e la restituzione dei classici. L'opera geometrica e meccanica di Archimede, riportata alla luce e studiata dai matematici, costituisce più di ogni altra il termine di paragone e di ispirazione fino alla nascita del calcolo. Il nome di Archimede, a cui si fa appello con Euclide come garanzia di rigore, finisce per raccogliere una varietà di argomenti e metodi che, più o meno direttamente ispirati alle sue opere, contengono nuovi risultati.

È il caso del calcolo del baricentro delle figure di cui scrive Simon Stevin (1548-1620), o dei contributi pubblicati nel De centro gravitatis solidorum libri tres (1604) e nella Quadratura parabolae per simplex falsum (1606) di Luca Valerio (1552-1628), definito da Galileo "il nuovo Archimede dell'età nostra".

In una direzione di ricerca più autonoma si spinge Johannes Kepler (1571-1630) con la Nova stereometria doliorum (1615): in connessione con il problema pratico della costruzione delle botti, egli si serve di considerazioni infinitesimali per dimostrare risultati classici e risultati originali.

Un tentativo di esposizione organica e coerente di una nuova teoria è l'opera di Bonaventura Cavalieri (1598-1647) Geometria indivisibilibus continuorum nova quadam ratione promota, stampata nel 1635. Qui si trova il noto "principio di Cavalieri", fonte di numerose successive applicazioni.

La versatilità del metodo degli indivisibili, oggetto di duri attacchi di numerosi contemporanei dal punto di vista del rigore, fu sostenuta ed utilizzata da Evangelista Torricelli (1608-1647). A confronto con le tecniche classiche egli usa la tecnica di Cavalieri anche per lo studio di nuove curve, come la cicloide, e con modifiche come gli indivisibili "curvi" egli calcola ad esempio il volume dell'iperboloide di rotazione (Sulla misura della parabola e del solido iperbolico con Appendice sulla misura della cicloide).

Argomenti analoghi erano negli stessi anni affrontati in Francia da Pierre de Fermat, che trova ad esempio la quadratura delle parabole di ordine superiore, e Gilles Personne de Roberval, che scrive un trattato intitolato De indivisibilibus.

Un uso piuttosto spregiudicato di quantità infinitesime è fatto nella Arithmetica infinitorum dall'inglese John Wallis (1616-1703) che conobbe la geometria degli indivisibili attraverso Torricelli.



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